Ero e sono un cuoco di territorio, prediligo la via dello scambio e della parola.
Per esperienza umana e professionale ritengo che non esista strumento più forte della comunicazione tra un cuoco e un produttore per garantire sviluppo e longevità alla buona cucina. Cucinare è un’esigenza che si può arricchire e impreziosire, ma è pur sempre necessità che accoglie tanto noi cuochi come figura indubbiamente più in vista, quanto il contadino e l’allevatore volti sconosciuti della cucina, senza i quali non ci sarebbe cucina.
Da uno dei tanti confronti con i miei produttori nasce l’idea di rinvigorire l’orgoglio del quinto quarto rendendolo protagonista, come un tempo, di un piatto principe della gastronomia.
Il legame culturale legato alle c.d. frattaglie è notevolmente cambiato, si è evoluto da una forma di quasi scarto delle cucine delle nonne che lo riutilizzavano per evitare di sprecarlo a pietanza studiata e ricercata dagli ospiti.
Due i pensieri storicamente legati alla mia infanzia: il primo vedeva uno spezzatino di trippa, sedano patate e carote, cotto quasi fosse uno spezzatino. Poi una versione più ricercata, di Trippa alla casalinga tagliata molto finemente e accompagnata dal classico mirepoix magro, di verdure e legumi del giorno prima, ceci o fagioli, mai lenticchie. Si mettevano in una teglia con parmigiano grattugiato e poi cottura al forno.
Nella mia rivisitazione ispirata dall’incontro con il produttore Passalaqua, ho impiegato della Tuma Persa che ha reso più nobile la pietanza senza snaturarne il contenuto.